Benvenuti in questo blog che oggi apre le sue porte! Le apre a chi di architettura si occupa per mestiere o a chi ci si accosta per curiosità o per passione. Chiunque voi siate, spero che troverete negli argomenti che tratterò cose interessanti o spunti di riflessione o idee nuove. Io mi propongo di creare uno spazio di condivisione su tutto ciò che gravita intorno al mondo dell’architettura, che è vasto ed affascinante, partendo dal design fino ad arrivare anche all’artigianato.
Il primo post che ho deciso di scrivere riguarda il riuso dei materiali, che in questo caso diventano la base per oggetti di design molto belli e funzionali secondo me, senza assolutamente nulla da invidiare alle migliaia di oggetti industriali prodotti oggi.
La ricerca e la scoperta di modi originali di dare una vita nuova a qualcosa di utilizzato precedentemente con un’altra funzione, e anche un’altra forma a volte, mi entusiasma sempre molto perché io penso che il futuro sia in queste cose, in questo genere di pensiero intendo, che non soltanto ha il valore etico dell’ eco-sostenibilità ma anche un senso umano più profondo, che ci lega alle cose e al tempo che passa in un modo naturale e meno consumistico.
L’ideatore di Sbobina Design, Emiliano Bona, recupera bobine industriali di legno e in generale materiali industriali dismessi, trasformandoli in arredi essenziali sia nella forma che nelle definizioni di colore: quello che spicca è la materia, reinventata e riadattata alla nuova funzione.
Questa una parte della sua presentazione:
“Bobine per cavi elettrici, assi da ponteggio e casse di imballaggio vengono trasformate, attraverso una procedura non più industriale ma artigianale, in tavoli, librerie, sedute, attaccapanni e lampade. Ogni singolo prodotto è il risultato dada di un’umanizzazione delle forme industriali. Sbobinare: svolgere una bobina, convertire, trasformare una forma in un’altra, uno spazio in uno o mille altri“.
I moduli Boris sono tra gli oggetti che mi sono piaciuti di più, per la semplicità della forma – seppure “dettagliata” (non sono parallelepipedi perfetti) – ma anche per il fatto che sono dei moduli, appunto, quindi assemblabili diversamente per usi diversi: libreria, sgabello, panca, comodino.
molto belli anche l’attaccapanni Ubu
la lampada Zivago
o le sedute Bocar e Bondolo (i nomi sono fantastici!)
Un’altra cosa bella di questa filosofia dell’ingegnarsi per riusare, è che il lavoro diventa un gioco. Ovviamente ogni lavoro creativo ha un’accezione giocosa, ma ho l’impressione che l’atto di trasformare, essendo vincolati anche solo mentalmente da una forma e un uso preesistenti, induca maggiormente ad una visione fuori dagli schemi e conduca più facilmente ad esperimenti stravaganti e talvolta infantili. Come se il tipo di vincolo stesso ti facesse sentire più libero. Non c’è bello assoluto da inseguire, o funzionalità stra-efficace o forma super innovativa, ottenibili partendo da zero e in qualche modo travalicando l’oggetto per farlo diventare il simbolo di quella ricerca. Il vincolo progettuale in questo caso è l’oggetto stesso già esistente (o esistito). Quello che apprezzo non è semplicemente che si facciano cose belle in maniera eco-sostenibile ma che si facciano cose belle in cui non viene negata la portata del materiale utilizzato, che non è più solo uno strumento ma il soggetto stesso, con le sue qualità fisiche ma anche di memoria.
E sono dei giovani ad immettere sul mercato queste nuove visioni, i giovani che “salvano” il passato creando spesso situazioni e ambienti di lavoro che sono veri e propri laboratori di idee, dove “l’ufficio” magari è costituito da un gruppo di amici appassionati che segue il filo delle suggestioni.
Emiliano Bona lavora in un posto così: con il gruppo Vontree (quattro creativi con formazioni differenti) propone la progettazione e la vendita di oggetti di design e d’arte realizzati nel loro spazio officina a bergamo. Mi pare anche un bello spazio!
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